Grotta Palazzese - Cosa vedere a Polignano a Mare, Vacanze a Polignano a Mare

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Uno scrigno naturale - “magnum antrum” - di rara bellezza sulla falesia di Polignano

La Grotta di Palazzo, così detta perché inglobata nei beni del Palazzo dalla famiglia Leto, feudataria di Polignano dal 1713 al 1794, è la grotta più vasta e preziosa oltre che più famosa di tutto il litorale polignanese.
Probabilmente furono proprio i Leto che fecero aprire una prima[1] scala di accesso alla grotta, in precedenza irraggiungibile se non dal mare, da via san Benedetto. L’apertura reca all’ingresso la seguente epigrafe[2]commissionata dal nuovo proprietario, il conte Nicola Miani, e scritta dal dotto sacerdote don Nicola De Donato:“Ad magnum antrum splendida et aequora/haec per saxa cavata/iter/sistit laxaque membra renovat/ stupor. (Traduzione: Questa splendida distesa marina attraverso cave rupi si arresta presso un grande antro e un senso di stupore rinfranca le membra stanche).
Tutte le grotte di Polignano sono come una perla in una conchiglia. Incavate nella falesia che sostiene il paese, serpeggiano per molte decine di metri sotto il borgo antico. La più preziosa per la sua incantevole e suggestiva bellezza è la Grotta Palazzese che si spinge per circa ottanta metri all’interno della scogliera. In essa, si apre e da molti decenni, un ristorante sospeso tra la roccia e il mare.
Molto, ed in molte epoche, s’è scritto di questa grotta che il duca Leto oltre a rendere facilmente raggiungibile al suo interno trasformò in salone delle feste.
Molti pittori l’hanno immortalata in disegni e acquerelli. Cominciò con un delizioso acquerello, il pittore francese Louis Jean Desprez nel 1778 e poi grazie[3] al Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile (grandiosa raccolta in cinque volumi e contenente 291 tavole, pubblicata a Parigi nel 1783) di Jean Baptiste Claude Richard abate de Saint Non, sono giunti fino a noi altri disegni della Grotta Palazzese come anche di tanti altri scorci della Puglia e della Magna Grecia realizzati da Claude Louis Chatelet[4] e da Domique Vivant De Non (poi modificato in Denon, perdendo la particella nobiliare con la Rivoluzione del 1789).
Per arrivare fino ai giorni nostri in cui i disegni di altri pittori sono ormai innumerevoli. Quelli di un bravo pittore locale, Angelo L’Abbate, sono presenti nelle case di moltissimi polignanesi sparsi per il mondo, tutti orgogliosi di questo emblema cittadino. Fotografi espertissimi nell’arte fotografica ci hanno regalato immagini indimenticabili ben meritevoli di essere esposte anch’esse sulle pareti della casa di abitazione non solo di polignanesi dovunque residenti ma anche di chi ha avuto la gioia di visitare una grotta marina unica al mondo.
Lascio volentieri spazio ad una entusiastica e significativa descrizione “storica”, che si può leggere nel “Voyage” sopra citato (opera che suggerisco di non perdere e di andare a sfogliare e consultare soprattutto da chi ami conoscere il Sud e la Puglia del ‘700): “…Don Bonaventura vista la nostra passione per gli aspetti ed i luoghi pittoreschi, ci propose di andare l’indomani a vedere la Grotta di Polignano che ci descrisse come una curiosità rarissima nel suo genere… partimmo con un battello che ci era stato preparato per noi e dopo un percorso di due miglia lungo la costa arrivammo a questa grotta che è veramente interessante. Essa è scavata sotto l’abitato, dominata da grandi rocce sulle quali sono costruite le case… entrativi fummo sorpresi dalla sua imponente grandezza, in quanto deve avere circa 250 piedi di profondità ed una altezza di 80. Siccome è completamente invasa dal mare non vi si può accedere se non in barca… ci stupì la limpidezza dell’acqua che riempie l’interno della grotta ed i misteriosi riflessi che essa produce accrescono ancor più la ricchezza di cui la natura nei secoli l’ha abbellita. Non potevamo lasciare così un luogo la cui freschezza e singolarità avevano tanto fascino per noi e ci mettemmo tutti a disegnare e a prendere varie vedute da differenti punti di vista dall’interno e dall’esterno. Va notato che un effetto dovuto in massima parte alla magia del colore non può rendersi che molto imperfettamente con i disegni e soprattutto con le incisioni che non rendono il colore… nel paese chiamano questa grotta “Grotta di Palazzo”, il che fa pensare che il nome derivi dal fatto che anticamente vi era un palazzo sopra di essa e ciò è reso più verosimile dal fatto che ancora si vedono i resti di decorazioni ed anche parti della balaustra di una terrazza che era stata ricavata nella roccia e che da un lato dava sul mare e dall’altra sulla grotta. Sembra che questi resti di decorazione e queste varie costruzioni siano stati rovinati a bellaposta per aggiungere ancora qualcosa al carattere pittoresco e strano del luogo... Per raggiungere la terrazza che si trova sopra grotta, occorre salire sino all’abitato di Polignano tanto barocco e brutto quanto sporco...”
Le opinioni sull’abitato di Polignano, peraltro, sono soggettive. In precedenza, nel 1745, Francesco Maria Pratilli inVia appia riconosciuta e descritta da Roma a Brindisi” fa una breve descrizione di Polignano, frutto di una ben diversa impressione: “…dopo il corso di due miglia perveniva la via al di sotto della città di Polignano…edificata…in una roccia sassosa con varie caverne di sotto rimpetto la spiaggia dell’Adriatico. In una di queste caverne capace di qualche naviglio si discende dall’erto della rupe per circa cento scalini … non è molto ampia città, ma bella e pulita, assai colta… molto abbondante di viveri, di ulivi come di squisitissimi pesci...”.
Ma è tempo di aggiungere qualche ulteriore informazione su questa meraviglia della natura che il Buon Dio ha affidato ai polignanesi forse un po’ immeritevoli di tanta generosità.
Per cominciare, occorre dire che la Palazzese non ha una sola apertura, come quasi tutte le altre grotte, ma ne ha due che peraltro non sono eccessivamente ampie. Volendo fare un confronto, si pensi alla vastità dell’apertura delle Grotta dei Colombi o della Grotta dell’Arcivescovado o della Grotta della Rondinella, o della Grotta di Santa Caterina etc. Le due aperture danno accesso di entrata o di uscita a due grandi antri e sono ben sufficienti a permettere il comodo ingresso ai natanti a condizione, beninteso, che il mare sia quieto. Se si entra dalla bocca di destra, si accede al “magnum antrum” passando sotto il grande lastrone di roccia che ospita il famoso ristorante in grotta dall’omonima denominazione e che è appunto sospeso tra la volta e il mare. Ed è questa una particolarità unica che - si dice - non trovi riscontro in altre grotte marine sparse sulle coste di tutto il mondo!
Superato il grande lastrone di roccia o arcata naturale che dir si voglia, si provi ad alzare lo sguardo verso l’alto e tutt’intorno e si noterà l’immensità della cavità, l’enormità dei volumi di vuoto. Volgendo gli occhi al basso si apprezzerà la limpidezza dell’acqua e i riflessi di colori cangianti a seconda del volgere del sole i cui raggi penetrano anche al di sotto della parete rocciosa che per alcuni metri è sospesa sull’acqua realizzando un ulteriore miracolo della natura. I giochi di luce, gli arabeschi sono numerosi e frequenti all’interno di ambedue gli antri semicircolari, di cui uno provvisto di una spiaggetta ciottolosa.
La foto di Giovanni Carrieri, noto artista della fotografia nonché innamoratissimo di Polignano tanto da venire a riprenderla in ogni scorcio e ad ogni ora del giorno e della notte e in tutte le stagioni, ne dà una dimostrazione che convincerebbe anche il più scettico.
Al centro del primo ambiente si nota uno scoglio affiorante usato dai bagnanti che un tempo si recavano a nuoto numerosi all’interno. Oggi la capitaneria di porto pare che ne sconsigli l’ingresso per ragioni di sicurezza.
Infatti la sua ubicazione la espone ai venti dominanti e all’impeto dei marosi che irrompono senza incontrare alcun preventivo sbarramento né naturale né artificiale. Il lavorìo del tempo e la forza degli agenti naturali hanno purtroppo provocato una decina di anni or sono la caduta di alcuni massi dall’interno della volta della seconda cavità.
E perciò forse sarebbe opportuno cominciare a pensare a barriere frangiflutti se si ha veramente a cuore l’esistenza non solo della Grotta Palazzese ma di tutte le altre grotte che si incuneano in profondità sotto l’abitato del paese.
Le descrizioni, per quanto accurate, non rendono la bellezza del luogo. Una visita a nuoto o in barca, o anche dall’interno del ristorante, porterebbe il lettore a constatare di persona che non si esagera affatto quando si definisce la Grotta Palazzese come una perla nella perla della costa polignanese.
Anche le leggende sono fiorite numerose ma sono omesse per la mia abitudine di affermare solo quanto riesco a accertare sulla scorta di documenti estratti dagli archivi.
Faccio una sola eccezione perché chi ne ha scritto è stata una studiosa di nobili virtù e di grande competenza storica. Mi riferisco alla prof.ssa Rosetta Silvestri Baffi, prima consorte del compianto avv. Franco Silvestri al quale si deve il merito la notorietà e la diffusione editoriale del Viaggio pittoresco dell’abbè Saint Non per i tipi di Carlo Bestetti editore d’arte, prima edizione 1972, cui ha fatto seguito una seconda nel 1977, entrambe consultabili nelle biblioteche.
La prof.ssa Silvestri Baffi racconta che la regina Giovanna d’Angiò, innamorata dai colori del mare che si insinuava nella grotta, diversamente da altre leggende che la descrivono ivi intensamente e lungamente abbracciata al suo paggio preferito, manifestò il desiderio di essere sepolta sotto le rocce della Grotta Palazzese.
Non sappiamo quale possa essere la versione migliore. Sta di fatto che la Grotta Palazzese ai più suscita sentimenti di gioia e di benessere spirituale e tutti quelli che hanno la ventura di poterla osservare da vicino finiscono per trovare forti ragioni di elevazione sentimentale.
Uno spettacolo così grandioso per la mirabile combinazione di roccia e mare, magicamente plasmati dal tempo dagli agenti marini e dal buon Dio, non poteva che esistere sulla impareggiabile falesia di Polignano ricchissima di molte decine di grotte, tutte di stupefacente bellezza ma leggermente inferiore a quella della Grotta Palazzese.
E ancora oggi, come scrive l’abbè Saint-Non nel suo Voyage, lascia stupiti dalla sua imponente grandezza, dalla limpidezza dell’acqua, dalla magia del colore, dai misteriosi riflessi, dalla freschezza e singolarità del luogo che incanta…

[1] In occasione, nel 1960/61, della costruzione dell’albergo che insiste sopra la detta grotta, Donna Luisa Tateo Carignani, erede dei beni del primo marito, il conte Nicola Miani, volle che venisse scavato nella roccia un secondo e più comodo accesso da via Narciso. Tale accesso è prevalentemente riservato al servizio dell’albergo e del ristorante e quindi l’uso pubblico è purtroppo assai contenuto!
[2] Vi sono anche altre epigrafi scritte dal medesimo don Nicola De Donato. “Advena amice viator/optans magna videre miracula/hic resta/ tanta miraberis (O forestiero, amico viaggiatore se desideri vedere grandi prodigi fermati qui ne ammirerai di grandi) oppure En pelagi et rupis altae portenta/ quae nusquam per litora vises/tu felix/terque quaterque beate/si mare et saxa nunc spectas magna/curae oblitus humanae. (Ecco i prodigi del mare e dell’alta roccia che in nessun luogo vedrai lungo altri lidi te felice infinitamente beato se dimentico degli umani affanni osservi ora il mare e le grandi rupi). Hoc/almae matris/visendum opus et admirandum/ obstupefactis indique gentibus/ ad curas aestus recreandas/polimnaeque decorem iuvandum/ saxis suspensae ab alto/ Dominicus Nicolaus Miani/ claro natus genere/ libenter sumptunque suo/curavit (Il signore Nicola Miani nato da nobile famiglia di buon grado e a sue spese provvide che gente di ogni paese visitasse e ammirasse stupita quest’opera di madre natura per rinfrancarsi della calura estiva ed apprezzasse la bellezza suggestiva di Polignano sospesa dall’alto sulle cave rocce).  Inscriptis Doct. Nicolaus De Donato - Curavit A.D. MDCDXXI - Direxit Opera arch. Donatus Pascali.
Per altre epigrafi con traduzione si veda il mio Diorama n. 9 pag. 20
[3] Il grazie va rivolto, in maniera altrettanto sentita e profonda, all’indimenticabile avv. Franco Silvestri di Bari, il quale, da appassionato cultore di arte ed erudito fuori del comune, negli anni ‘70 del secolo scorso trasse dall’oblio una parte importante dell’opera dell’abate De Saint Non, traducendone i testi e pubblicandola in pregevole veste tipografica.
Riproduce solo il tomo terzo che contiene il "Viaggio pittoresco della Magna Grecia", suddiviso in 4 capitoli: da Napoli a Barletta (passando per Benevento, Lucera, Siponto, Manfredonia, Monte Sant'Angelo), da Canne a Polignano (passando per Canosa, Trani, Bisceglie, Bari, Mola e l'abbazia di San Vito), da Polignano a Gallipoli, attraverso la Terra d'Otranto (passando da Brindisi, Squinzano, Lecce, Soleto e Otranto), da Taranto sino ad Eraclea. La traduzione italiana (col testo francese a fronte in stampa anastatica) del viaggio compiuto dall'abate di Saint-Non, da Jean Louis Desprez e dal barone Dominique Vivant De Non è introdotta da quattro mirabili saggi del Silvestri sulla fortuna dei viaggi in Puglia e sul profilo artistico-biografico dei tre viaggiatori.
[4] Pur di sentimenti repubblicani durante la rivoluzione francese, lo Chatelet (o Chatelest, come è riportato nelle pagine dell’opera del Silvestri) finirà purtroppo ghigliottinato, al pari di decine di migliaia di francesi del tutto innocenti, nel 1794 all’età di quarant’uno anni.








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